Trekking in Val Mastallone (alta Valsesia), con partenza da S. Maria di Fobello per arrivare al lago Baranca
Dopo il tentativo appena accennato di inizio mese, oggi riproviamo la salita a questo bellissimo – dicono! – laghetto alpino.
Anche oggi il tempo non si annuncia dei migliori ma decidiamo comunque di andare: il nostro coraggio sarà premiato da una bella giornata di sole in val Mastallone mentre nel resto dell’alta Valsesia pioggia e anche grandine hanno fatto capolino più volte.
Raggiunta S .Maria di Fobello continuiamo in macchina fino all’abitatao di Campo, dove parcheggiamo e ci prepariamo a salire: controlliamo zaini, riforniamo le borracce d’acque, sistemiamo scarponi e bastoni da trekking – senza dimenticare un pò di crema solare dato che il sole picchia decisamente!
> Da Campo all’alpe Catolino
Raggiungiamo rapidamente i resti della chiesetta alpina all’alpe Catolino, a 1252 metri, dove ci siamo fermati la scorsa volta e proseguiamo addentrandoci tra la folta vegetazione.
L’acqua, il sole, il verde sembrano respirare umidità ed accogliamo con piacere e sollievo la brezza fresca che di tanto in tanto ci raggiunge.
> Dall’alpe Catolino all’alpe Baranca
Il sentiero segnavia 517 è ben tracciato ma dal fondo decisamente sconnesso: bisogna stare attenti a dove si mettono i piedi per non rischiare una storta alla caviglia – niente di drammatico comunque, ma attenzione!
Dopo 45 minuti di camino raggiungiamo i prati dell’alpe Baranca, al centro dei quali si trova il bel rifugio attualmente in fase di apertura.
Qui consumiamo il nostro pranzo, prendiamo un pò di sole e ci godiamo la tranquillità e la quiete di questo bell’alpeggio, cullati dallo scroscio del torrente Baranca e dai campanacci delle mucche e dell’asinello al pascolo.
> Dall’alpe Baranca al lago Baranca – quasi…
Riprendiamo il sentiero e, appena lasciato alle spalle il rifugio Baranca, ci troviamo di fronte ad una splendida chiesetta scavata interamente in una grossa roccia, perfettamente integrata e mimetizzata con l’ambiente circostante. Proseguiamo, seguendo il sentiero, fino a che…il sentiero non è più di terra, ma di neve! Dalla foto si può ben vedere la distesa di neve ghaiacciata, residuo di una slavina invernale, che ha completamente invaso il percorso. Sulla destra, a strapiombo, la cascata, ma, oltre la distesa…ci sarà il famoso lago? La voglia di vederlo è tanta che ci fa azzardare. Iniziamo a risalire sul costone di neve, aiutandoci con i bastoni, ma ben presto, e soprattutto voltandoci in dietro, ci rendiamo conto che la pendenza, la concreta possibilità di scivolare e la mancanza di impronte, segno che nessuno ci aveva preceduti quel giorno, ci obbligano a tornare in dietro. E devo dire che la discesa è stata ben più pericolosa della salita, poichè abbiamo dovuto scavarci degli “scalini” dove infilare gli scarponi e tenerci ben saldi ai bastoncini per non scivolare di sotto…
Peccato non essere riusciti a raggiungere il laghetto. Ma abbiamo davvero sottovalutato il rischio. Sarà per la prossima volta. Magari con le ciaspole!
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